La necessità di scambiare informazioni e scoperte in modo rapido diede il via alla ricerca di uno strumento di comunicazione a distanza che sfruttasse la tecnologia dei computer presso il CERN. Era il 1991 quando Berners-Lee capo ricercatore del CERN pubblicò il primo sito web e da quel momento il mondo non è stato piò lo stesso. Berners-Les sviluppò il primo programma in grado si leggere il codice html e i protocolli (http, ftp,..) Nexius, il primo browser al quale seguirono Safari (Mac) e Explorer (Windows).
Quando questa rivoluzione ebbe inizio naque quello che tutti ora chiamano Web 1.0. Era l’internet dei contenuti, i siti web erano semplici testi statici simili alle pagine di un libro o a fogli di word. Contenevano anche immagini o video, ma lo scopo di queste pagine era la mera consulenza, l’informazione, senza interazione fra utente e contenuto. I siti erano formati da pagine ricche di ipertesti, pagine conteneti collegamenti ad altre pagine, che creavano una struttura simile ad un enorme libro. Fu proprio l’ impossibilità da parte dell’utente di interagire con i contenuti che spinse i ricercatori a cercare un’evoluzione: rendere dinamico il web permettendo all’utente di interagire con esso. La trasformazione ebbe inizio con la possibilità di inserire dei commenti; in seguito con l’ausilio di nuovi linguaggi di programmazione (php) si crearono i primi forum e i primi blog dando vita al Web 1.5. Ma il web non si è fermato:con lo sviluppo e l’evoluzione delle community, dei social network, l’introduzione dei wiki (dove gli utenti possono reperire informazioni, modificarle e aggiungerne altre, wikipedia ne è un esempio) si è spinto sempre più verso l’interattività con l’utente dando vita a quello che attualmente è il Web 2.0 (termine coniato da Tim O’Reilly) il web dinamico. Per la prima volta si è data grande importanza all’ usabilità e al modo di condividere i contenuti.
Il webmaster non è che una parte del sito che, nei casi più importanti, è composto da comunità di migliaia di utenti (si pensi a Wikipedia). Il Web 2.0 siamo noi, o almeno una parte di noi, quella che ha accettato di condividere con altri milioni di persone (utenti) informazioni, commenti, idee attraverso post sui blog o sui social network (Facebook, Linkedin, Twitter); video (Youtube) e fotografie (Flickr).
Ma il web non ha smesso di evolversi: oggi di fatto stiamo già entrando nel Web 3.0: il web della semantica e delle cose, Web of Things.
Si parla di un unico enorme database, il WebDatabase, dove tutte le informazioni di internet confluiranno per velocizzare ricerce e semplificare la gestione dei dati. Sarà un web sempre più semantico perchè tutto sarà legato alle parole chiave legate ai documenti (documenti, video, immagini, suoni) e tutte le ricerche saranno legate a queste parole. Si parla anche di intelligenze artificiali grazie ad algoritmi sempre più sofisticati che permetteranno un orientamento migliore in una rete sempre più affollata, che interagià con gli utenti “quasi” fosse uno di loro. Questo potenziamento semantico unito una macchina dotati di AI capace di interpretare come un essere umano (o quasi) una stringa: e quindi di coglierne il significato al volo si ipotizza che i fraintendimenti di ricerca tenderanno a scomparire.
Nella visione di Berners-Lee, del Web 3.0 si ipotizza anche l’intervento di una tecnologia capace di “stiracchiare” a piacimento il design. La grafica vettoriale scalabile (SVG) è infatti in grado di esprimere figure interattive e ha dei vantaggi non da poco – come la possibilità di ridefinire qualsiasi elemento senza perdere un grammo di qualità. Ma c’è anche chi, parlando di Web 3.0, ipotizza che si muoverà verso il 3D, con una rete non più fatta di pagine, ma di veri e propri spazi in cui “muoverci” per trovare quello che cerchiamo: si parla di augumented reality che trova già molte applicazioni.
Sarà questo il futuro del web? Staremo a vedere.
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