Riassunto delle puntate precedenti.
Nella serata di lunedì 24 settembre 2012, un allarme partito dalla Francia infiamma il web: un presunto bug del celebre social network di Palo Alto starebbe rendendo visibili sui profili degli utenti stralci di conversazioni private (avvenute tramite il servizio di messaggistica istantanea integrato a Facebook, in particolare tra il 2007 e il 2009).
La notizia getta letteralmente nel panico migliaia di persone: in rete non si contano i post a riguardo e impazzano i tutorial per correre ai ripari, che descrivono come aggirare il problema utilizzando la funzione “Nascondi diario” (probabilmente fino a quel momento sconosciuta ai più).
Martedì 25 settembre i vertici di Facebook smentiscono ufficialmente la notizia, affidando le proprie dichiarazioni alla BBC: secondo i tecnici dell’azienda, le due aree di gestione di messaggistica privata e post in bacheca sono separate e non esisterebbe, quindi, alcun modo di far entrare in comunicazione i relativi database. L’azienda afferma, pertanto, che quelli apparsi pubblicamente sono solo ed esclusivamente post pubblicati in bacheca. Migliaia di persone, però, dichiarano di aver visto i propri messaggi privati resi pubblici. Molti sporgono denuncia. Cosa forse più eclatante di tutte, il governo francese chiama la dirigenza del social network a rispondere ufficialmente della vicenda.
I contorni legali dell’accaduto sono, quindi, ancora tutti da chiarire. Ma, secondo diversi osservatori del web, potrebbe essersi verificato una sorta di “effetto Orson Welles”: la quantità e la velocità dei cambiamenti di Facebook in questi anni, uniti al dirompente impatto emotivo della notizia di presunta violazione della privacy, ci avrebbero portato ad una specie di “allucinazione collettiva”, che ci ha fatto confondere vecchi post in bacheca con messaggi privati.
Nonostante l’ipotesi mi lasci numerosi dubbi (la chat di Facebook è stata introdotta nel 2008: non vedo quindi il motivo per cui, successivamente a quella data, avremmo dovuto usare le bacheche per scambiare informazioni private, avendo a disposizione uno strumento più consono), ho voluto approfondirla perché mi pare che sollevi una questione di fondo molto importante: come gestivamo e come gestiamo la nostra comunicazione sui social network? E soprattutto, fino a che punto ne siamo consapevoli?
Mi sono avvalsa dell’aiuto di un esperto in materia: Enrico Giubertoni (creatore di Buzzes, blogger, formatore e consulente certificato in ambito di Social Media), al quale ho rivolto qualche domanda.
Domanda. Psicosi collettiva o Facebook non la racconta giusta? Che idea ti sei fatto di questa vicenda?
Risposta. Premetto che preferisco fare un’ astrazione ad un livello più generale anziché entrare nel caso specifico. Anche perché ritengo che incidenti come questo si verificheranno periodicamente in ogni social network.
Siamo in una fase storica in cui i social network rappresentano un asset di comunicazione fondamentale del XXI secolo: conseguentemente si assiste ad una sempre più accesa concorrenza diretta tra loro: una concorrenza che ricorda le competizioni che si svolgevano tra network televisivi e che ora è spostata più sul versante dei Social Media.
Questa concorrenza determina un ritmo forsennato di innovazione ed un perdurare dello stato di “beta per sempre”: è quindi normale che qualche bug o imprevisto – come nel caso specifico – possa accadere.
Non sarà la prima e nemmeno l’ultima volta che incidenti di questo genere accadranno. È sempre più necessario un senso di responsabilità da parte delle persone nel momento in cui scrivono e partecipano ai social network, ma vorrei sottolineare che il livello di responsabilità deve essere basato sul buon senso e non deve sfociare nella paranoia o – come dici tu – nella psicosi collettiva.
D. Non è infatti la prima volta che Facebook ha qualche problema con la gestione della privacy, ricordiamo ad esempio l’episodio delle foto private del 2011. Come giudichi la gestione della privacy da parte di questa azienda? In che direzione si sta evolvendo, secondo te, e come si deve comportare l’utente per tutelarsi al meglio?
R. Quando si introduce un’innovazione paradigmatica come i social network è normale che si debbano modificare delle abitudini e delle convenzioni. I social network sono un cambiamento totalitario, globale (nel senso di planetario) e storico visto che che modificano a livello mondiale le abitudini quasi di ogni ogni essere umano.
Questo determina dei cambiamenti nel linguaggio e nelle abitudini individuali che poi diventano delle trasformazioni sociali. Come può un utente tutelarsi? Semplicemente accettando il cambiamento.
Accettare il cambiamento significa modificare le proprie abitudini ed avere un atteggiamento curioso e analitico finalizzato a comprendere i meccanismi e le dinamiche di funzionamento dei social network. La comprensione implica non solo il capire dinamiche e specificità di ogni social network, ma anche comprenderne e accettarne i limiti (e l’affidabilità di un social network è tra questi limiti), comportandosi di conseguenza.
Se si conoscono le regole dei social network, se si applicano le netiquette, se si valuta con attenzione cosa condividere della propria vita, molte situazioni spiacevoli possono essere evitate. Ovviamente non tutte. Ma gli incidenti, gli imprevisti comunicativi fanno parte delle dinamiche di ogni modello di comunicazione, anche del passato, e si verificano proprio nei momenti di evoluzione tecnologica.
Per cui raccomando semplicemente una serena pacatezza nel partecipare ai social network basata sul principio del buon senso.
D. A livello legale secondo te Facebook potrà essere chiamata a rispondere? Che conseguenze potranno esserci per l’azienda da questo punto di vista?
R. Non sono un esperto di giurisprudenza: mi limito a osservare che nella vita bisogna accettare che accadano degli imprevisti, altrimenti si sfocia nella paranoia. Gli imprevisti si affrontano volta per volta e caso per caso.
Una risorsa utile per approfondire la nostra consapevolezza ce la fornisce Matt Mc Keon, ingegnere di Google ed ex sviluppatore IBM, con un progetto grafico in progress che rappresenta l’evoluzione della privacy di Facebook dal 2005 al 2010:
Spero che, come dice Matt, “la vostra decisione dopo aver visto questa infografica [e dopo aver letto questo post, ndr 🙂 ] non sia quella di cancellare il vostro account. Ma, piuttosto, quella di controllare subito le vostre impostazioni della privacy e di modificarle scegliendo la modalità che più vi fa sentire a vostro agio.”